La nostra nuova casa

Ti vedo un po’ esitante
racchiusa nella tua dignità
in compagnia dei tuoi dolori
pettinare i tuoi capelli bianchi
al sole del giorno che verrà
Mi vedo starti accanto
raccogliendo tutto quel che posso
dall’albero del tuo amore
da dove cadono frutti maturi e preziosi
sempre di più, sì,
perchè possono essere gli ultimi
Ti vedo sorridermi con gli occhi
sempre vivi e dolcissimi
mentre mi abbracci con slancio
un pò più tenue di oggi forse
perchè gli anni ti indeboliscono
Mi vedo stringerti anch’io, con forza,
quella che mi rimane
e quella più grande
perchè fa a meno dei muscoli
e viene direttamente dal cuore
Vedo noi che insieme scendiamo le scale
tenendoci per mano
ancora come sempre
ma stavolta anche per non cadere
Il mondo ci passerà davanti
come la vita che, troppo veloce ora,
ci fuggirà tra le dita tremanti
Un mondo diverso, ormai estraneo
nei suoi cambiamenti,
ma noi saremo là
e fra mille tentennamenti
proseguiremo il cammino,
l’ultimo tratto di strada
fino a che uno di noi
sarà costretto ad andare avanti,
preparando tutto in una nuova casa
sperando di ritrovarci ancora
per non lasciarci mai più!

Sandro Orlandi

Il colosso

THE COLOSSUS

I shall never get you put together entirely,
Pieced, glued, and properly jointed.
Mule-bray, pig-grunt and bawdy cackles
Proceed from your great lips.
It’s worse than a barnyard.
Perhaps you consider yourself an oracle,
Mouthpiece of the dead, or of some god or
other.
Thirty years now I have labored
To dredge the silt from your throat.
I am none the wiser.

Scaling little ladders with glue pots and pails
of lysol
I crawl like an ant in mourning
Over the weedy acres of your brow
To mend the immense skull plates and clear
The bald, white tumuli of your eyes.

A blue sky out of the Oresteia
Arches above us. O father, all by yourself
You are pithy and historical as the Roman
Forum.
I open my lunch on a hill of black cypress.
Your fluted bones and acanthine hair are
littered

In their old anarchy to the horizon-line.
It would take more than a lightning-stroke
To create such a ruin.
Nights, I squat in the cornucopia
Of your left ear, out of the wind,

Counting the red stars and those of plum-
color.
The sun rises under the pillar of your tongue.
My hours are married to shadow.
No longer do I listen for the scrape of a keel
On the blank stones of the landing.

§

Non riuscirò mai a ricostruirti completamente,
rattoppato, incollato e fatto ben combaciare,
ragli di mulo, grugniti di porco, e schiamazzi osceni
provengono dalle tue nobili labbra.
E’ peggio di un cortile

forse consideri te stesso un oracolo,
portavoce dei morti, o di qualcuno degli dei.
Sono trent’anni che fatico
per dragare il fango della tua gola.
non sono diventata più saggia.

Arrampicandomi su piccole scale con secchi di colla e di lisolo
striscio come una formica a lutto
sugli acri coperti di erbacce della tua fronte
per accomodare le enormi lastre del cranio e
ripulire i vuoti bianchi tumuli degli occhi.

Un cielo azzurro proveniente dall’Orestiade
si inarca su di noi. O padre, da solo
sei essenziale e storico come il foro romano.
apro il sacchetto del pranzo su una collina di neri cipressi.
le tue ossa flautate e i capelli d’acanto sono sparsi

fino alla linea dell’orizzonte nella loro antica anarchia.
Ci vorrebbe più d’un fulmine
per creare un tale disastro.
La notte, mi accovaccio nella cornucopia
del tuo orecchio sinistro, lontano dal vento,

contando le stelle rosse e quelle color prugna.
Il sole sorge da sotto la colonna della tua lingua.
Le mie ore sono sposate con l’ombra.
Non sto più ad ascoltare il raspare di una chiglia
sulle vuote pietre dell’approdo.

SYLVIA PLATH

Dove?

S’apparta
tra mura di sabbia
gira la schiena
all’altro sul ponte
che chiama con gli occhi
illumina scale
senza voltarsi
e sale da solo
nè si ferma
su cigli erbosi
le pietre di vento
gli pungono
i talloni
ma lui avanza
spavaldo
a piedi uniti
scorge la cima
anche se nebbia
inquina la vetta
invade il cielo
lui sbraccia parole
e caccia via il sole
ma anche se arriva
non sa dove è il mare.

Tinti Baldini

Published in: on giugno 7, 2012 at 06:52  Comments (19)  
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Zirudella a Fausto e a Zuffi

ZIRUDÈLA  A  FAUSTO  E  A  ŽOFF 1

Zirudèla a mi anvudéin
Fabio ch’l’é un bel birichéin
onna a in pansa e dåu l’in fa
ch’tira l’âcua e zà ch’la va
pr’el schèl d cà comm un dilûvi
provochè dal vec’ Giòv Plûvi!
.
Zirudèla qué a Bulaggna
sveglia danca, ban csa faggna?
duv el pió qal bèl dialàtt
del Spadrì che ogni tusàtt
al dscurrèva coi cuséin
du grasû gnanc un turtléin?
.
Zirudèla anc a mi ziéina
totta cisa santarléina
ch’la va a pass ind al Santéren
sia d’estèd cme pûr d’invêren
lé la biâsa bàbbel-gum
pò l’as bavv tri lîtr’ed rum!
.
Zirudèla a Fausto e a Žoff
sampr’in giro e mai stoff
i en na bela cumpagnì
forsi neda in Sant’Isì
sàmper pronti dri a strulghèr
mùsic canti in zil o in mèr!
.
Zirudèla a Gigéin Livra 2
ch’l’um fa vgnîr una gran fivra
ché al schicara sanza freno
in tulièna a l’Autotreno
quand al tòurna a cà ind la nôt
al scapozza ind un buslôtt!
.
Zirudèla al Gvéren Prodi
tanti créttich pôchi lôdi
cm’é difézil guvarnèr
par cambièr ed arfurmèr
e scunfézzer l’impustûra
ch’i en trûp i ân che ormai la dûra!
.
Zirudèla ai simunzéin
che am cuntèva al mi nunéin
che so mèder in salmì
ai cuśèva anc coi pì
tanta granda era la sghessa
che incû inción i é ch’al capessa!
.
Zirudèla a l’Ucaréina
d Budri sàmper la pió féina
che par st’An Nuvantasètt
me am la mett int na baghètt
con un etto ed murtadèla
Tic e Tac la Zirudèla!
 

§

Zirudella a mio nipotino
Fabio ch’è un bel birichino
una ne pensa e due ne fa
lui tira l’acqua e giù che va
per le scale di casa come un diluvio
provocato dal vecchio Giove Pluvio!
.
Zirudella qui a Bologna
sveglia dunque, che facciamo?
dov’è più quel bel dialetto
delle Spaderie che ogni bimbetto
discorreva coi cugini
due ciccioli neanche un tortellino
.
Zirudella anche a mia zia
tutta chiesa santarellina
che va a pesce nel Santerno
sia d’estate sia d’inverno
lì lei mastica bubble-gum
poi si beve tre litri di rhum!
.
Zirudella a Fausto e a Zuffi
sempre in giro e mai stufi
sono una bella compagnia
forse nata in Sant’Isaia
sempre pronti a strologare
musiche canzoni in cielo in mare!
.
Zirudella a Luigi Lepri 2
che fa venirmi una gran febbre
giacché trinca senza freno
in bisboccia all’Autotreno
quando torna a casa a notte
lui s’inciampa in un barattolo!
.
Zirudella al Governo Prodi
tante critiche poche lodi
com’è difficile governare
per cambiare e riformare
e sconfigger l’impostura
che troppi anni son che dura!
.
Zirudella anche ai gattini
mi narrava il mio nonnino
che sua madre in salmì
li cuoceva anche coi piedi
tanto grande era la fame
che oggi niun lo può capire!
.
Zirudella all’Ocarina
di Budrio sempre la più fina
che per quest’Anno Novantasette
me la metto in una baguette
con un etto di mortadella
Tic e Tac la Zirudella!

Sandro Sermenghi    (1997)

Fausto: Carpani, il postino cantautore dialettale;
   Zoff: Stefano Zuffi, eclettico suonatore, chiacchierone,
   tubofonista, maestro, attore, fantasista,ecc.;
2 Gigén Livra: Luigi Lepri, uno che sa molto di letteratura
   dialettale bolognese, fine “ghiottologo” ed “enologo”!
 

Angoli di cielo

 
Di scale
che salgono al cielo
ne ho cercate
non ne vedo…
serenamente
nelle soste agli azimut
in una stella
dei nostri infarti
partecipiamo…
noi lo sai
palesemente col vento sui sassolini dei sentieri
ai soli sui cimiteri
andiamo…
i cipressi
ci prolungano la vista al cielo e in vista di lunga fila di lapidi
ci trasformiamo
da  amanti eroi…
a ciascuno
il suo segno
il suo rintocco di campana
e delle siepi
ce ne faremo casa
e rifugio…
saremo
il funerale
e nelle soste aspetteremo di raccogliere degli infarti al cuore i sassolini… .
mi dicono che insistono scale
che salgono nei cieli.

Enrico Tartagni

Scala

Si dice
la vita essere
salir scale
ma se quelli
che pattinano
sul ghiaccio
t’hanno tagliato
le gambe
di gomito fatichi
e se ti tarpano
anche le braccia
con la lingua sali
se poi non
ti lasciano
pensiero
diventi
scala.

Tinti Baldini

Published in: on gennaio 5, 2012 at 07:25  Comments (11)  
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Il tagliaerba

 
Io taglio l’erba
e vado via
col fango e con le scarpe con il fango
scivolando…
le più recondite metafisiche
derivazioni dall’anima soffiate
che respira male…
il Male del Fruscio.
Notte…
il fruscio straniero si strappa
sono pagine dal libro del silenzio
stampa…
sono le sue della paura
queste parole…
su e giù
nelle scale
incomprensibili
uccideranno i sogni…ecco…
mai fidarsi di chi parla alla tromba delle scale
nell’alba di un mattino…
in quei colori spenti ma che s’accendono di luce
scenderò a vedere…
chi è che parla allo scalino?
vado nel giardino
m’inoltro tra i suoi fili
taglio l’erba
lavo il fango
delle scarpe…
me ne vado…

Enrico Tartagni

…Perugia

Di te dirò
sole e concrete trasparenze
: archi austeri
su scale infinite.

Di te dirò
con le fatiche
il solo canto del cuore
fra i vicoli angusti
e le smancerie.
E gli autobus stracolmi
di carne in scatola
le luci i lustrini
bocche piene di patate
convenevoli
sorrisi di routine
desideri esposti
su vetrine colorate.

Biscotti di miele
         apparenze salvate.

Di te dirò il fiele
Il look lo stile
le vuote sparse antiche memorie

Perugia
i piccioni
l’effimero
Il gel

Silvano Conti

Le mani

Le tue mani
che sanno amare
forti, deboli piccine e grandi
che donano carezze,
che vivono tremanti di emozione
mani vere che non sanno mentire

Le tue mani
Sanno accogliere.
Sanno essere tenere,
sanno essere coppe
per raccogliere pianti e gioie,
queste meravigliose mani
sanno donare certezze.

Le tue mani
abbracciano il nulla,
trasformandolo in tutto.
Stringono, accarezzano,
puniscono e perdonano,
regalano emozioni,
sublimi sensazioni

le tue mani
donano amore,
soddisfano la mia fame
la mia sete.
E allora salgo per scale folli,
e le tue mani volano
sopra il mio viso,
finalmente sereno,
e gli occhi si chiudono
in un sonno mai provato.

Marcello Plavier

Published in: on luglio 10, 2011 at 07:31  Comments (4)  
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Storie

Il giorno che perdetti le chiavi
ebbi misura, di scale fredde
e luce rimossa.
Più di un’ora
permisi al nostro inverno
passaggi sciagurati;
ruppe le labbra e interi quaderni del bambino
che mi credevo d’essere ancora:
un rosso mite
senza ferite fonde
né amare solitudini sepolte dentro il corpo.

Massimo Botturi

Published in: on luglio 3, 2011 at 06:56  Comments (3)  
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