Quella redola

Il mio corpo è marchiato,
impresso indelebile,
nel disegno tuo, foggia,
che in me prende spazio
alle mie notti durando oltre,
fino alle luci abbacinanti,
quelle di giorni solitari e tristi
che non mi lasciano vedere,
ansiosi, d’attesa fiaccante,
mancando il tuo sale, vitale,
condimento di pasti sciapiti.
Penso all’aria da respirare
che intensa si frappone,
ci tiene distanti e… e…
parte l’affanno, il tormento,
di un lavoro che sa di pazzia:
scudisciarla!
Come a reciderla, io violenta,
quella fitta boscaglia, da incubo,
ottenebrante ossessiva pressione
su fulgida brama di quella redola
che senza possibile replica
mi pretende e trascina… da te.

Daniela Procida

Le nuvole non hanno lacrime

Hanno le spiagge dell’infinito
delle eterne mutazioni
Hanno le pianure sconosciute
dove cavalieri erranti
percorrono le vie del cielo
e non lasciano traccia

Le nuvole non hanno lacrime
perchè la terra è già bagnata dalle proprie
che sono, qualche volta, anche di gioia
quando un bambino nasce, sopravvive
e riesce a vivere
Ma non gridano al miracolo

Grigie, bianche, di fumo, sovrapposte
ed incrociate in un disegno catartico,
movimento di movimenti ispirati
e creati dall’amico vento,
le nuvole non hanno lacrime
perchè non hanno il tempo per piangere o per gioire.

Corrono, s’adunano e scompaiono
mentre l’occhio umano s’adombra
e ne segue, altalenanti, le immagini.
Caleidoscopio di pensieri che avvincono,
vaganti nei sentieri del nulla
dove tutto si può guardare, senza vedere.

Le lacrime non appartengono alle nuvole.
Sono della terra,
nella terra che noi calpestiamo.
Orme inzuppate di dolore, di attesa, di morte,
prive di sentimento,
piene di odio e di indifferenza.

Le nuvole ascoltano pure i lamenti terreni,
li trasportano, li mischiano, li nascondono
Li vomitano, poi, a mo’ di pioggia o di tempesta
ma nessuno se n’avvede, per paura, per ignominia,
in una vita spesa, a volte, nel male, in questo mondo
dove pare germoglino tanti, troppi fiori finti.

Le nuvole non hanno lacrime,
non le cercano, non le creano.
Di queste nuvole anche noi viviamo
e, dopo, noi sogniamo, respiriamo, dormiamo
ed amiamo ma non ci guardiamo
perchè i nostri occhi piangono

Gavino Puggioni

Poesia premiata con menzione particolare al Premio Internazionale di Poesia Nosside, di Reggio Calabria, nell’edizione del 2010.

Ritorno nell’anima

Pareti di stanze vuote e disadorne
dove eco di voci ancor si propaga,
luce che filtra da finestre socchiuse,
rumori di emozioni che restano fuori.

Ora come non mai odo i miei passi
in questo strano silenzio che pare
di esistenza conclusa senza ragione.

È come se il tempo si fosse fermato
dopo esser fuggito verso altra vita,
come se stanco fui di veder me stesso,
la mia ombra sempre uguale.

Accarezzo ora quelle bianche orme
sulle pareti graffiate, tracce di foto,
quadri di paesaggi vissuti, immagini
disperse di poesia che a fatica ricordo.

Bianco disegno di un mobile antico,
lì c’era il mio cuore, rifugio segreto
dei miei pensieri che lasciai e persi
lasciandoli morire d’abbandono

Colori sbiaditi di un tempo sereno,
per sempre perduto ed ora rimpianto,
rimorso per non aver capito e preso
quel che quel tempo mi aveva donato.

Vedo ora la mia ombra farsi più lunga
nel sole che impietoso su di me tramonta,
sfioro invano quel che non è più, scorre
piatta e senza pieghe sulle pareti vuote.

Esco tristemente da quella casa antica
che fu l’anima mia più bella.
l’ombra mia si contorce in giochi deformi
prima di darsi alla notte che rapida avanza.

Mi troverà in quest’anima di dolore colma,
piena di illusioni e di colpe che sono crepe,
piena di pesanti incertezze senza luce.

Claudio Pompi

Silvia Tassone

(x Silvia zilla4ever)

 
Seme poi piccolo fiore
piantato sulla terra dall’amore
hai sorriso alla vita ai giorni di sole
alla pioggia alla neve
a chi ti ha amato fin dal primo momento
e ti ha cullato per ogni pianto
tutta la notte ti ha cantato sulle labbra
mille ed una ninnananna.
Io ti ho incontrata per caso
e per caso ho scoperto che il dolore ti ha danzato
dentro addosso per tanto tempo
e poco è durato il tuo vivere
ma abbastanza per capire
che l’unica risposta vera è l’ Amore
perché noi sconfitti arresi alla malattia
possiamo per un momento
smettere di sentirci figli di un Disegno più grande
ma Lui, non smetterà di essere Padre
di fronte alla nostra presunzione.
Io ti ho vista nelle foto sempre sorridente
Zilla cara, alla vita come al dolore
sempre all’arcobaleno ed alla notte
e spero nel mio povero cuore
di avere un giorno la tua stessa certezza
di essere figlia dell’Amore per Amore.

Maria Attanasio

Ironia

 
S’abbuia.  Un altro giorno è scivolato
fra suoni e gesti noti, inutilmente
e ripete Dicembre le sue usanze
nel via-vai convulso della gente.
Grigie le previsioni alla TV
E poi notizie ancora più agghiaccianti;
spengo, e sfoglio le pagine del tempo:
vedo dolce un’estate e… c’eri tu.
Un altro mondo, altra filosofia
discutibile forse e disperata
ma piena di passione e d’ironia
in nome di una fede. Oggi la vita
non è che lenta e lesta, vana attesa
di esaurire un disegno ormai scontato.
Quante volte la penna ho sollevato
invano, per lasciarla ricadere
sulla pagina vergine;  banale
mi pare ogni pensiero, ed il piacere
di andar per versi spesso mi è negato
Tra gli impervi sentieri dell’inverno
che sottraggono linfa al mio coraggio
vado cercando l’orma tua impietosa
persa tra ricci schiusi e foglie morte;
ormai che importa!
Se vorrà la sorte
dissotterrare lì la mia ironia,
come già detto da certa Rossella,
“ci penserò domani” e a garanzia
mi farò un lifting e ritornerò bella.

Viviana Santandrea

Cercansi volontari per il 2011

Ho visto quest’annuncio
sul giornale
in una bacheca vignettistica.
C’era solo questo, nessun disegno
e sono stato male.

E’ la fine.
Si è persa la voglia
di guardare oltre il muro,
i denti a sorriso
come museo delle cere,
la mente a ritroso,
il futuro bruciato
in questo vuoto presente.

Alzeremo i calici
a brindare al passato
perché davanti

non si vede più niente.

Lorenzo Poggi

Published in: on gennaio 21, 2011 at 07:29  Comments (2)  
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Il pescecane

Un pescecane
malato di bulimia
tange i punti del cerchio
esercitando
la bilancia al peso,
arremba repente inatteso
ghermisce,
s’oscura tra i pesci
dove vige
la legge dell’omertà
perché non hanno la parola,
il disegno composto di polpa
senza muscoli
lo invita a mangiare,
i pescatori
hanno paura di andare a pescare
perché non sono gladiatori.

Giuseppe Stracuzzi

Si è fatto buio

Le parole mi tornano in mente,
le nostre parole,
nell’agonia informe del loro vagare
nubi sospese sopra mari in burrasca,
in attesa che il vento
le liberi
dal  loro pianto sommesso.

Sciamano dal passato,
in fremito d’ali,
voci
che inondano l’aria
di ombre tremanti
mentre insonni pensieri
di un oscuro deserto
si lanciano in volo
pellegrini
orfani
senza più fede.

Travertino e alabastro
pomice e lava
come un chiostro
sento ora la vita
chiostro alla penitenza creato
che amore carnale e primavera teme,
vani sforzi oltre la brezza trascina
mi allontana inavvertitamente
mettendo a tacere
il disegno passato.

Quanta musica riempie lo spazio
e avvolge in unico velo
due anime in tormento mute,
quante timide notti a sedere
sulla sponda del letto
in segreto lamento
per non avere occasione
di sussurrare parole
che abbiano dentro
il lento ritmo  dell’eternità.

La mia voce è cessata
e la notte pulsa di pensieri sgomenti
che fissano assorti nel loro mutismo
il mio io profondo
dall’ ignoto confine oltre la vita.

Kinita e Marcello

Dopo la tristezza

Questo pane ha il sapore d’un ricordo,

mangiato in questa povera osteria,

dov’è più abbandonato e ingombro il porto.

E della birra mi godo l’amaro,

seduto del ritorno a mezza via,

in faccia ai monti annuvolati e al faro.

L’anima mia che una sua pena ha vinta,

con occhi nuovi nell’antica sera

guarda una pilota con la moglie incinta;

e un bastimento, di che il vecchio legno

luccica al sole, e con la ciminiera

lunga quanto i due alberi, è un disegno

fanciullesco, che ho fatto or son vent’anni.

E chi mi avrebbe detto la mia vita

così bella, con tanti dolci affanni,

e tanta beatitudine romita!

UMBERTO SABA

Una poesia

Una poesia si specchia in una pietra di turchese
e lì si ferma per un attimo.
Poi ricomincia a vagare,
per dare vita forse ai colori di un disegno
ricamato su una coperta.
I giunchi, raccolti lì vicino,
vengono intrecciati da abili dita e
diventano un cesto:
la sua forma ricorda la volta del cielo.
Un pezzo di legno è lavorato:
da lui si ricaverà un’opera che dimostrerà
quale armonia ci sia fra legno e
intagliatore.
Il cervo percorre il suo sentiero e
l’aquila plana a grandi cerchi nel cielo.
Il salmone, nel tumultuoso torrente,
incontra l’orso che lo aspetta sulla riva.
I bambini danzano.
E l’artista afferra al volo tutto ciò
e la forza artistica della rappresentazione
guida le sue dita.
I lupi stanno mangiando un vecchio cervo
dividendosi le carni dell’animale.
Una giovane foca saltella sul ghiaccio.
Un anziano morente sta canticchiando
sottovoce un canto di guerra.
Questo è il cerchio,
e gira senza inizio e senza fine.
E l’artigiano guarda la sua opera.
E’ lì seduto in equilibrio fra la fine del
mondo e il suo inizio.

NUVOLA AZZURRA (Poeta della Nazione Irochese)