Il silenzio
allunga il sogno
in occhi d’ansia
il cenno
non consente
di librare versi
all’ultimo respiro
ancora incerto
è il vento immobile
in assenza di fiato
nudi e pregni
d’odio e d’amore
secchiamo al sole
il senso crudo
del domani
Il silenzio
allunga il sogno
in occhi d’ansia
il cenno
non consente
di librare versi
all’ultimo respiro
ancora incerto
è il vento immobile
in assenza di fiato
nudi e pregni
d’odio e d’amore
secchiamo al sole
il senso crudo
del domani
Aspetto l’ora giusta.
Persisto nel distanziare morte,
accetto i pegni che son da pagare
in un percorso avido di prove.
Dimmi, intanto, che sembianze hai
se sei da immaginare mia coscienza,
se è soltanto sciocca confusione
vedere in te la cara madre mia.
O forse tu sei me, piccolo uomo,
quando lanciai la prima sfida
a fare carne di quei primi sogni
dove spiare la trama del romanzo.
A sera, nei momenti che mi avvito
alla ricerca dell’angolo migliore,
ti parlo, angelo mio, e poi t’invoco
per essere sicuro che ci sei.
Intanto che decidi di mostrarti,
del tuo respiro fammi un cenno,
disegna là sulla parete azzurra
gabbiani che sorridano di me.
Ti prego, non contare troppo
sulla promessa che mi sono fatto
di coltivare vita più che posso
perché del non morir m’illuda.
D’accordo, continuo a guardar le stelle,
nel cuore incastro flussi di marea,
ma rassicurami, fa’ presto!
Anch’io ho paura!
Cieli,
per giorni e giorni uguali,
svogliate e inaffidabili chimere,
quando l’unico colore percepito
è un fondo di cravatta da indossare.
Li ho visti,
aprirsi insieme in sincronia
coi fuochi dei sorrisi da me appiccati.
Ricordo ben d’averli anche indicati
a donna amore che mi stava a fianco.
Li ho visti,
dall’alto dei vent’anni,
vincer le nubi e all’angol relegarle
come educande offese ed umiliate,
mandate in fretta dietro la lavagna.
Cieli
che, incazzati, chiudono i battenti
e grandi e grossi si fanno metter sotto
dal primo cenno d’ingarbugliata pioggia
o dal malessere di questo loro figlio.
Li ho visti, poi,
rompere ogni plumbeo assillo,
apparecchiar la festa sotto il sole
nel cuore d’attimo di mia felicità sublime
ed invitarmi a prender posto al desco.
Cieli,
malinconie d’azzurro smascherate,
che a farsi belli pelano le stelle,
che scippano la luna da dietro le montagne
per obbligarmi alle romantiche manie.
della penna che affonda nell’inchiostro,
la sorgente delle parole scritte
su pezzi di carta prendono forma
ti parlano, sorridono e piangono
o artigli ti piantano nella carne
squartandoti
come gli avvoltoi la preda
Né ulular loro comprendo, di paura
e sdegno e perdono, fuggir del cervo
nei boschi di pini tra rami di spine
della luce, lo strascico.
Potessi voltarmi in ciò che dico
e scrivo, mi chiamerei poeta anch’io
se in quel vuoto che mi divora
lo stomaco
m’emoziona se ancora una volta
quel grido o cenno gentile
che più non afferro e conosco
la finestra di un attimo serrata prima
ch’io spalanchi le pupille
No! Non sono un poeta , la parola
alla mia carne è straniera
e le mani non toccano l’anima
ucciderla o accarezzarla
più non mia –
per questo scrivo,
per il mio non essere poeta
per potermi seppellire l’anima prima
che mi seppellisca la parola .
Quando
un cenno t’aspetti
anche solo
d’impercettibile luce,
vorresti ti destasse
la speranza
d’esserne sfiorata,
di veder mutato caldo
il castano dei capelli
al guizzo d’un gesto
che ti spoglia.
O al tocco d’una mano
che ti confonda,
ti perda ormai su un corpo
dove deporre la mente
al tremulo risveglio.
Dopo l’attesa
il compirsi d’un attimo
almeno.
Col fazzoletto al collo
menavi la tua bici,
tornato dalla vecchia osteria
a far commissione, di rincasare
un povero vecchio
un male accento
di sputazzate lungo la strada
e d’argentina
sua voce a una romanza di Verdi.
Feci un cenno
e la risposta in breve fu quella degli amici
capaci di dividere il pane
o altro che sia.
Diretti dove il vischio fa staccionate e orpelli
a raccontarci fuori dai denti il gran calore
dei fianchi delle donne cresciuti;
dell’odore
che una ti permise godere
sotto il sole.
Dedicata a Claudio
In istanti di abbandono
capirai se ti guarderò
negli occhi
e non dirò niente
e così
immobili
al cenno di un sospiro
ci capiremo
A Clara il mio Golden Retriver
Se mi ricordi
se porti il mio segno,
fa che lo sappia,
anche un piccolo cenno
che non dimenticherai
perché tutte le tue onde
hanno smorzato gli spigoli
e non ti potrò più
graffiare,
non sarò più
con te
e saperlo
e farlo mio
non saprai mai quanto
fu difficile
perché mi nascosi
al mondo
in un angolo della mente,
in fondo ad un cassetto
che aprirai
non per cercarmi
e senza volerlo
mi ritroverai
e volterai lo sguardo;
ma queste parole
ti aspetteranno
quando tornerai
da me
che ci sarò sempre.
Io sono
il passato.
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